Pavilion Lautania Valley
Stranieri Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere
Retrospettiva di Ray Johnson “NOTHING / NOIHTNG”
Presentazione a cura di Sandro Bongiani
con la collaborazione di Coco Gordon
Salerno, 5 aprile 2024
Quella di Ray Johnson da autentico “stranger” rimane una proposta decisamente ai margini del sistema dell’arte ufficiale diffusa ad ampio raggio, grazie alla capillarità del mezzo postale in diversi paesi del mondo. Per lungo tempo è stato considerato dalla critica negli anni 60’ per essere “il più famoso artista sconosciuto di New York” e un pioniere della performance nell'uso della lingua scritta nell'arte visuale. Una ricerca che accoglie persino frammenti di oggetti di vita. Ray è stato “un assiduo raccoglitore di cose trovate e recuperate” per essere rimesse nel circuito della comunicazione e nell’arte restituendo a loro una nuova vita. Le associazioni delle cose e i processi in cui accadono realmente erano alla base della comunicazione visiva, una sorta d’indagine intesa come un “work in progress” assolutamente del tutto provvisorio, che non può avere mai una definitiva conclusione.
Una pratica per certi versi trasversale e nel contempo deviante e poco credibile agli occhi del sistema dell’arte ufficiale, basata essenzialmente sulla contaminazione tra i diversi strumenti espressivi: collage, fotografia, oggetti recuperati, disegno, performance, happening e testi scritti, utilizzando frequentemente il gioco oscuro delle parole, come per esempio, “SEND” riorganizzato come “ENDS”, oppure, “NO THINGS” diventato “NOTHINGS”, con una sorta di operazione, in cui “i giochi di parole non sono solo un fatto ludico”, fine a se stesso, ma un’altra diversa possibilità di liberarsi dalle costrizioni e dagli impedimenti e affidarsi all’invenzione e alla creatività della parola, avvalorata anche dalle collaborazioni attraverso dall’invio postale.
Nella parola “Nothing” come nel collage di Jeff - scrive Coco Gordon - non c’è la lettera “I”, in cui sotto le dita del piede c’è scritto “Martin Friedman”, a volte non scrive per tre volte la lettera “I”, oppure aggiunge “No I” come quello spedito a Chuck Welch. Nella mia personale esperienza con Ray il "NO I “' l’aveva scritto in occasione della mia mostra alla CHA SOHO Gallery nel 1982 sull’invito all'opera trap per pianoforte, scrivendo su un piccolo foglietto di carta la parola “noihtng”, opponendola come regalo di compleanno per John Cage con 70 rossi pistacchi sanguinanti in carta sulla parete della Galleria. Forse provava a comunicare nascostamente la sua scomparsa con un “i” scrivendo “Noihtng” anche dietro la mia t shirt dicendo di non perderla perché era molto importante… In questo modo nascosto annunciava già sommessamente agli amici la sua prematura scomparsa che poi realmente ha realizzato nel 1995 gettandosi in mare da un ponte a Sag Harbor, New York, e che la critica ha valutato come ultima opera testimoniale e finale di questo importante artista americano.
Diceva Ray: “ho semplicemente dovuto accettare che per una necessità di vita ho scritto molte lettere e dato via molto materiale e informazioni, ed è stata una mia azione compulsiva, e mentre l'ho fatto, è diventato storia. È il mio curriculum, è la mia biografia, è la mia storia, è la mia vita”. I suoi progetti includono prestazioni concettualmente elaborate che si occupavano di relazioni interpersonali e disordini formali, diceva: "sono interessato a cose e cose che si disintegrano o si disgregano, cose che crescono o hanno aggiunte, cose che nascono da cose e processi del modo in cui le cose mi accadono realmente. Secondo Coco Gordon, “i suoi lavori non sono mai singole operazione assestanti di mail art, ma nascono da piccole storie, da incontri con le altre persone, da relazioni e riflessioni spontanee capaci di innescare nuovi apporti e nuove azioni al pensiero creativo” dando così completa autonomia alla comunicazione e rendendo questo nuovo modo di espressione totalmente libero, al di fuori di qualsiasi schema imposto e prefissato dal potere culturale e di conseguenza dal mercato ufficiale dell’arte.
Spesso viene associato al gruppo Fluxus per il carattere solitamente minimal-concettuale dei suoi progetti; il gruppo Fluxus è stato un vivace movimento internazionale che in quel periodo si distinse per una serie di azioni e interventi a carattere neodadaista. Dobbiamo segnalare che Ray Johnson non ha mai fatto parte del “Fluxus”, ma ha comunque condiviso le stesse problematiche e ”l’underground” prettamente sperimentale con molti artisti di questo raggruppamento. Precursore e convinto individualista. presenza enigmatica e nel contempo trasgressiva dell’arte contemporanea americana, nel 48, si era trasferito a New York iniziando una produzione di opere geometriche aderendo così al “Gruppo degli Artisti Astratti Americani”, per poi a metà degli anni '50 dedicarsi al collage, producendo centinaia di piccoli lavori che chiamò "moticos", quasi una sorta di “Pop Art” anticipatrice delle ricerche che a distanza di qualche anno verranno messe in campo con successo da Leo Castelli con il gruppo storico americano. Non sappiamo se era cosciente fino in fondo della portata innovativa e rivoluzionaria che stava apportando all’interno dell’arte . Oggi, a distanza di diversi anni ci appare uno dei personaggi più originali e influenti, e nel contempo, un grande pioniere solitario dell’arte visuale, influenzando il futuro dell'arte e divenendo altresì il punto di riferimento per nuove generazioni di giovani artisti.
Johnson ha sempre preferito lavorare su piccoli formati, precludendosi così l’appoggio del grande mercato dell’arte ufficiale, rifiutando spesso di esporre o vendere il proprio lavoro. Del resto, il mercato dell’arte preferisce le grandi dimensioni e una produzione creata appositamente per essere “mercificata” in senso commerciale, e quindi, poco interessato a tale situazione. Si direbbe, una ricerca del tutto “trasversale” rispetto alle proposte svolte in quel periodo da altri autori, che accoglie diversi mezzi espressivi con interventi che di fatto hanno creato attrito come del resto ha fatto, quasi nello stesso periodo, anche Guglielmo Achille Cavellini in Italia utilizzando la scrittura, il comportamento, la concettualità e persino l'ironia ben sapendo che questa era l’unica strada possibile da percorrere. Ray, non amava tanto essere chiamato un mail artista, e neanche essere considerato il pioniere della Mail Art, ma pensava di poter creare un nuovo gruppo di lavoro “Pre Pop Shop” tra Black Mountain e Pop Art. Secondo lui l’arte è vita, del resto, anche la parola “Moticos” utilizzata molto spesso deriva dalla parola osmotic, una specifica qualità caratterizzata da una reciproca influenza, uno scambio fra individui, una compenetrazione di idee, atteggiamenti e realtà culturali, insomma, un nuovo modo di pensare in un processo decisamente fluido e in evoluzione che si rivela in modo puntuale esaminando gli scritti e le azioni performative “Zen Nothings” svolte dall’artista americano. Oggi a distanza di 29 anni dalla morte il suo lavoro sperimentale dagli anni 60’ in poi è considerato dalla critica parte integrante del movimento Fluxus e persino originale anticipatore della Pop Art americana.