GUGLIELMO ACHILLE CAVELLINI
L’arte tra casse, carboni e ironia a domicilio
Presentazione di Sandro Bongiani, 13 maggio, 2024
“Caro Guglielmo Achille Cavellini, noi tutti abbiamo all’inizio dedicato la nostra fede (il nostro entusiasmo giovanile) a degli schemi che si sono rivelati ingenui. Abbiamo creduto innocentemente che la capacità producesse il merito e che dal merito venisse la gloria. Abbiamo scoperto via via nel tempo che ciò non accade. Abbiamo imparato che, nei rapporti sociali, è la gloria che crea il merito e la capacità. Ed ecco che ora scopriamo che questo concetto di capacità è scomparso divenendo un’idea ingannevole che i divulgatori introducono a loro piacimento. Ridiamo ora attraverso di lei dei nostri sbag li precedenti. Ridiamo del merito e della gloria. Ridiamo del pubblico e della società, ridiamo delle loro beffarde mitologie. Questo è il messaggio che sgorga dalla sua sferzante e singolare attività. La saluto e la elogio. Vivissimi auguri”. (Da una lettera di Jean Dubuffet a Guglielmo Achille Cavellini, del 15-10-1978).
G.A.C. acronimo di (Guglielmo Achille Cavellini), nasce l'11 settembre del 1914 e muore a 74 anni il 23 ottobre del 1990. E’ stato esattamente nel 1971 che ha inventato “l’autostoricizzazione”, siglando ironicamente ogni opera con la data del centenario dell'autore e inviando per via postale in tutto il mondo una decina di “mostre a domicilio”. In Italia, per diversi decenni, GAC è stato osteggiato come “un ricco eccentrico in vena di esibizionismo”, non compreso perché ritenuto soltanto un importante collezionista d’arte contemporanea e di conseguenza collocato dalla critica ufficiale nel completo isolamento. A partire dal 1971, dopo l’irruzione nel mondo dell’arte dell’americano Ray Johnson, vissuto nello stesso periodo dell’artista bresciano, G. A. Cavellini incomincia a ribellarsi ai poteri forti attuando l'autopromozione e l'autocelebrazione di sé attraverso la diffusione di interventi di vario tipo cercando opportunamente di ridicolizzare certe logiche sottese al mercato dell'arte. GAC riteneva il sistema ufficiale dell’arte impenetrabile e corrotto, di conseguenza la decisione di proporre la sua stessa presenza come autentico momento creativo. Insomma, una sorta di artista isolato che dal chiuso decide finalmente di non far parte più di quella schiera di pittori delusi e incompresi come Munch, Van Gogh, Modigliani o Tancredi e di far sentire la propria voce attuando appropriate “interferenze” all’interno del sistema monopolistico dell’arte. Dopo aver realizzato, distrutto e riciclato una parte consistente del suo lavoro degli anni precedenti, GAC decide di compiere “il grande passo”, ossia di contrapporsi ad un sistema ormai sordo e monotono, un ulteriore sviluppo verso la messa in crisi del tradizionale sistema ufficiale dell’arte.
E’ proprio Guglielmo Achille Cavellini per primo a porre in modo evidente il problema della mercificazione e del condizionamento da parte del potere culturale attuando per reazione un straordinario “attivismo di contrasto “trasversale” contro il sistema impenetrabile dell’arte ufficiale. L’arte, dopo essere stata relegata per molto tempo al chiuso delle idee, con l’attuazione dell’autostoricizzazione” diveniva liberazione, apertura delle frontiere culturali che si integrava nella vita. Cavellini, di conseguenza, si ritrova a condividere contemporaneamente vari campi d’esperienza alternativi alle proposte della cultura ufficiale; dalla pittura all’oggetto, dalla scrittura all’appropriazione, dalla body art alla performance, collocandosi apertamente ai margini di un sistema, in una zona franca, ovvero “in una periferia di confine praticabile” abbracciando concretamente una pratica che di fatto assorbiva diverse esperienze convogliandole in nuove possibilità creative. Inoltre, con la preferenza e l’utilizzo della Mail Art poteva finalmente confrontarsi a 360 gradi con artisti di diversa esperienza e latitudine sparsi in tutto il mondo. Una pratica, quindi, “di lucido confronto” che poteva fare a meno del mercato dell’arte. Dal 70 in poi, Cavellini partecipa attivamente alla messa in crisi del sistema “come battitore libero“ condividendo in modo deciso e parallelo più campi di ricerca e smantellando così un concetto tradizionale che preferiva la produzione dell’artista ripetitiva e ben identificabile, una produzione piuttosto “riconoscibile” al completo servizio del mercato dell’arte. Oggi, GAC ci sembra davvero una presenza convincente, nonostante sia stato relegato ai margini di un sistema autoritario e subendo di conseguenza il silenzio e l’anonimato come triste marchio d’infamia che il sistema dell’arte attribuisce a chi non reputa utile alla causa speculativa del mercato ufficiale dell’arte. Grosso modo è’ quello che ha vissuto nello stesso periodo anche l’artista americano Ray Johnson considerato il “più famoso artista sconosciuto di New York”, che circa cinque anni dopo la scomparsa di Cavellini, nel 1995, decise di concludere il suo viaggio, forse “l’ultima performance testamento" dell’artista americano gettandosi nelle acque gelide del Long Island di Sag Harbor e lasciandosi annegare.
Secondo Guglielmo A. Cavellini, dopo la Pop Art tutto poteva diventare merce consumo e l’artista trasformarsi in un’icona da incensare e venerare. Inoltre, con le proposte dadaiste ogni oggetto poteva essere considerato “artistico” e quindi presentato come opera d’arte; bastava “deprivarlo” dalla reale funzione pratica e immetterlo in una galleria d’arte certificando così un suo possibile valore artistico. Negli anni ’60, anche Piero Manzoni aveva cercato di sovvertire un ordine prestabilito attuando interventi di tipo “utopico” che di fatto sconvolgevano il sistema ufficiale dell'arte che si regolava sul tacito patto consensuale tra coloro che gestiscono le ipotesi e i flussi di opere d’arte da immettere in circolazione all’interno del mercato dell’arte.
Ultima necessaria considerazione da fare è la trattazione dei cataloghi e le “mostre a domicilio”, mostre catalogate da Cavellini tra il 1974 e il 1987 che, anziché essere presentate in galleria furono inviate per via postale ai destinatari prescelti. L’invenzione consisteva nel dare un senso all’autocelebrazione nei quali l'artista ha documentato le sue innumerevoli operazioni di provocatoria autopromozione e che ha poi spedito gratuitamente a migliaia di critici, artisti, collezionisti, musei, biblioteche, archivi. Scriveva: “Continuo la serie delle mie mostre a domicilio...”, una decina di “mostre a domicilio” in tutto edite da Nuovi Strumenti di Brescia. Le “mostre a domicilio” sono state una sorta di punto di riferimento per molti giovani artisti con i quali intratteneva un intenso scambio risultando uno dei più interessanti e sperimentali modi in quel tempo per presentare e documentare le opere che, in diverse occasioni, G.A.C. ha definito questo modo di fare la “sua opera più importante”.
Da allora I tempi sono molto cambiati con internet ch’è entrata nella nostra vita in modo dirompente cambiando le nostre abitudini in modo decisamente profondo. Da questa idea originale e inusuale dei “Cataloghi a domicilio” di Cavellini, diversi anni fa avevamo già deciso di utilizzare le prime piattaforme virtuali nate dal desiderio di coniugare l’esperienza sperimentale di Second Life, l’attività della galleria Pièce Unique a Parigi del napoletano Lucio Amelio con l’attivismo creativo di Guglielmo Achille Cavellini. Infatti, nel 2009, in tempi non sospetti del Covid, è stata creata da noi in Italia una delle prime Project Room “Ophenvirtualart”, Nel 2012 è arrivato lo “Spazio Ophen Virtual Art Gallery” della Collezione Bongiani Art Museum e infine nel 2021 la nuova galleria interattiva virtuale “Sandro Bongiani Vrspace" con annessa la piattaforma “Unique Space, Per certi versi è stato un doveroso e necessario cambiamento che occorreva fare rispetto all’esperienza iniziale dei “Cataloghi a Domicilio” di Cavellini con uno spazio interattivo e virtuale innovativo specializzato nella documentazione e nella diffusione “democratica” dell’arte contemporanea e soprattutto sul cambiamento e sulla sostenibilità e il futuro dell’arte.
Oggi, lo “Spazio Ophen Virtual Art Gallery” assieme alla startup “Sandro Bongiani Vrspace”, dopo diversi anni di attività, nati da una costola gentile di Cavellini risultano per continuità e impegno le più importanti realtà sperimentali "no profit” interattive al mondo che operano sistematicamente online in ambito artistico in tempo reale con un serio programma concreto e continuativo di serie proposte culturali in cui l’azione partecipativa dell’utente in punta di mouse è prioritaria come progetto cultuale e sperimentale dell’arte contemporanea. Ecco spiegato il legame indissolubile che ci lega con il mitico e vulcanico Guglielmo Achille Cavellini, e altresì, il motivo profondo di questo nostro evento a lui dedicato.
GAC E L’EPICA DEL FRANCOBOLLO
Testo di Piero Cavellini
Nella sua navigazione ininterrotta nel territorio dell’arte GAC esprime un giudizio sul sistema che la sottende. Lo ha fatto da artista abbandonando la sua produzione per raccogliere attorno a sé una nuova generazione senza altra speranza di trovare luce per uscire da una diatriba sterile e passatista. Continua poi producendo opere come artista attivo ricercando senza sosta segnali che rendessero esplicito il suo argomento: la condizione dell’artista e le sue ambizioni molto spesso frustrate dal conflitto con la dinamica sociale. Dapprima agendo sul suo stesso lavoro, incassettando le proprie opere precedenti distrutte o proponendole come opere bruciate, in seguito iniziando a ragionare sul consenso riservato alle opere degne di celebrazione.
In questo contesto nascono i primi francobolli, nella seconda metà degli anni Sessanta, essenzialmente riproduzioni in legno ad intarsi di opere degne di essere eternizzate con il mezzo più semplice ed immediato che la comunicazione sociale ha per dare lustro ad un’attività umana: quello di inserirla nella iconografia postale. Sorge così un suo codice estetico speciale che lo accompagnerà in seguito in gran parte del suo lavoro. E’ nei primi anni Settanta che, appropiandosi di una dilagante espressione concettuale, questi suoi giudizi in qualche modo esplodono.
Nel 1971 conia il termine “autostoricizzazione” ed inizia un lavoro espanso ed insistito ponendosi in prima persona come paladino della condizione dell’artista portando su se stesso il compito di fornirgli le modalità per superare lo stato dell’esclusione.
Lo fa essenzialmente col concetto di “Centenario” come strategia anticipatoria della propria celebrazione e con le “Mostre a domicilio”, veicolo espositivo postale che gli permette di esporre il proprio lavoro in diecimila luoghi in tutto il mondo. Queste attività lo inseriscono in un circuito di arte postale internazionale che già si stava diffondendo da qualche anno nelle dinamiche espressive del periodo. E’ all’interno di questa fuga in avanti che rientra in gioco il “Francobollo” come elemento essenziale di questo tipo di circolazione artistica.
Nella parte finale del suo lavoro, gli anni Ottanta, quando la sua presenza nel mondo dell’arte diventa estesa e partecipata, questo espediente sintattico della comunicazione diviene sempre più “opera dipinta” esso stesso dando sfogo ad una creatività senza freni, un produrre con soggetti svariati ed eclettici una grande quantità di opere come “Progetto di Francobollo per il mio Centenario”. E’ in questo periodo quindi che usa un suo particolare “stile” per dare sostanza al corpus di lavori che avrebbero dovuto supportare le esposizioni museali del 2014.
Osservandone la varietà si trovano riassunte gran parte delle sue tensioni dove compaiono la raffigurazione geografica dell’Italia ricomposta attraverso elementi naturali come foglie, pigne, segmenti di tronchi d’albero, oppure sociali come la sua minuziosa scrittura o gli stessi elementi comunicativi che usava negli invii mailartistici. Non manca la sua riflessione sulla pittura del recente passato tra cui appare Andy Warhol con le sue iconografie popolari a cui si sente particolarmente vicino. Ne risulta quindi la composizione di un universo sia intimo che sociale con cui da corpo ad una visione di se stesso rapportato agli altri in cui il francobollo diviene il territorio privilegiato con cui tenta di eternizzare il proprio stato. Dicembre 2017